9 Ottobre 1963 ore 22.39.........
L'altra metà, 25 milioni di metri cubi, supera la diga, entra nella stretta valle del torrente Vajont ed esce nella valle del Piave con la stessa potenza distruttiva di una bomba atomica, spazzando via Longarone e con il suo defluire a monte e a valle del piave spazza via altri quattro paesi Pirago, Rivalta, Villanova, Faè.
Di seguito una serie di documentario della RAI (dato l'argomento, spero non sollevino problemi di copyright)
Rai Tre (parte 1/2, il resto sul mio canale Youtube)
La Storia Siamo Noi (parte 1/3)
Modellazione dell'onda generata dalla frana da Steven Ward dell'università di Santa Cruz:
ES.1 Simulazione
ES.2 Fly-by
Un sasso è caduto in un bicchiere, l’acqua è uscita sulla tovaglia. Tutto qua. Solo che il sasso era grande come una montagna, il bicchiere alto centinaia di metri, e giù sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi. E non è che si sia rotto il bicchiere; non si può dar della bestia a chi lo ha costruito perché il bicchiere era fatto bene, a regola d’arte, testimonianza della tenacia e del coraggio umani. La diga del Vajont era ed è un capolavoro. Anche dal punto di vista estetico.
Io sono più giovane della tragedia, e mi ricordo il Vajont nei racconti di mio padre (Friulano) che svariati giorni dopo la tragedia riusci a filmare ciò che restava di Longarone (e chissà che fine ha fatto il filmino). Ci ricordava la tragedia tutte le volte che percorrevamo la strada per andare a Borca di Cadore, passando da Longarone quando si vedeva la diga "bianca" tra le montagne "nere".
Successivamente ci sono tornato da solo all'imbrunire..... C'e un silenzio assordante... ho provato ad immaginare la frana, ma nonostante si possa utilizzare la fantasia.... come si fa ad immaginare una frana così..... 260 milioni di metri cubi di rocca, una montagna che viene giù d'un colpo.
Adesso sono passati 48 anni dalla tragedia del Vajont, e non è stata una tragedia "naturale" come scrisse Dino Buzzati (frase riportata anche in un cartello accanto alla diga del Vajont) ma una tragedia causata dalla stupidità dell'uomo, che ha anteposto gli interessi economici alla logica, all'evidenza e alla vita umana.
Tanto per riassumere:
- la diga, progettata dall'Ing. Carlo Semenza, è stata realizzata dalla SADE (Società Adriatica di Elettricità.... del Conte Volpi di Misurata....... si quello della Coppa Volpi della Mostra del Cinema di Venezia). La costruzione inizia nel 1956 e viene completata nel 1960 (costruita dall'Impresa Giuseppe Torno di Milano), all'epoca è la più alta diga a doppio arco nel mondo con 261,61 metri una capacità massima di 168 milioni di metri cubi. Di seguito il cortometraggio voluto dall'Ing. Semenza per documentare la costruzione della diga:
- per la progettazione della diga era stato effettuato uno studio geologico dal Prof. Giorgio Dal Piaz dell'ateneo patavino (credo nel 1920), solamente per quanto riguarda l'incastro della diga ma non era mai stata effettuata sulle due sponde a monte.
- in corso d'opera, causa movimenti gravitativi e fessurazioni, furono fatte fare varie perizie geologiche indipendenti l'una dall'altra. La prima, effettuata da L. Muller, probabilmente il padre della moderna geotecnica, evidenziò che era presente una enorme paleofrana, incisa morfologicamente dal torrente Vajont, con una profonda superficie di scollamento (non si costruiscono dighe su paleofrane, c'e su tutti i manuali!!). La seconda fu effettuata da Edoardo Semenza, figlio del progettista Ing. Carlo Semenza ed allievo del Prof. Giorgio Dal Piaz; il geologo non era stato messo a conoscenza dei risultati di Muller, ma arrivò alle stesse conclusione del profesore austriaco. Chiaramente la SADE non tenne conto di queste due relazioni e le chiuse in un cassetto, affidandosi alla Relazione del Geologo Pietro Caloi (ex dipendente SADE) il quale prospettò una frana più superficiale e di modesta entità .
- la SADE nel 1961/1962 fece fare dal Prof. Ghetti dell'ateneo patavino (ingegneria idraulica) prove di catastrofe all'interno del lago con modelli dell'invaso del Vajont in scala secondo il "modello Caloi", e non tenne conto delle raccomandazioni degli universitari (non superare una certa quota d'invaso), chiudendole anche in questo caso in un cassetto.
- nonostante tutto la SADE alzò la diga ed aumentò la quota d'invaso ben oltre le raccomandazione scaturite dal modello, ma d'altrone c'era la nazionalizzazione dell'Energia elettrica, insomma l'invaso doveva passare all'ENEL (allo Stato) e doveva essere venduto collaudato e funzionante per non vanificare le spese dell'opera
- Tra il 1956 e il 1960, prima della conclusione della costruzione della diga, la SADE si rese conto che il fianco sinistro della valle ,alle pendici del Monte Toc, non era stabile, poiché il fianco della montagna è composto di antichi depositi di frana, e non di "roccia viva" come inizialmente ipotizzato dal Prof. Dal Piaz
- nella successione rocciosa (caratterizzata da una successione di calcari e marne del Giurassico-Cretaceo ed Eocene) sono stati rilevati strati di argilla, che possono fungere da piani di slittamento per grandi volumi di roccia
- La costruzione della diga e la creazione del retrostante lago modificando il livello della falda dell'acquifero della montagna ha ulteriormente destabilizzato il versante del Monte Toc (alcuni tra le cause inseriscono anche le forti precipitazioni nei 3 mesi prima della frana, personalmente non le ritengo statisticamente significative per quanto intense possano essere state rispetto alle sovrapressioni create dall'acqua del lago)
- Esistevano conflitti d'interessi, sia di natura politica che economici per i quani la SADE ha nascosto lo stato reale e i gravi problemi di stabilità del versante del serbatoio, a discapito degli abitanti dell'area
Se volete un po di informazioni sull'argomento vi consiglio il libro "Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso Vajont" di Tina Merlin, un libro che ti racconta quanto successo sia per esperienza diretta della Merlin che dal suo lavoro certosino di trascrizione degli atti processuali.
Se lo volete vedere, mettetevi comodi (è lunga) e guardatevi l'orazione civile di Marco Paolini qui sotto
Parte 1
Parte 2
Cerchiamo di non far dimenticare queste tragedie e le loro vittime innocenti, ultimamente pare che le persone abbiano la memoria un po troppo corta.
- Vajont.net
- Società Geologica Italiana
- Progetto Dighe
- Database delle pubblicazioni sulla frana del Vajont
- "Atti del Convegno sulla Frana del Vaiont del 1963" pubblicato nel 1992 dall'IAEG. A questi atti è allegato lo studio "The Vaiont slide, a geotechnical analysis based on new geologic observations of the failure surface" realizzato da A.J.Hendron & F.D.Patton e pubblicato da: US Army Corps of Engineers (Technical Report GL-85-5).
- SINTESI DEGLI STUDI GEOLOGICI SULLA FRANA DEL VAJONT DAL 1959 AL 1964. Estratto da Memorie del Museo Tridentino di Scienze Naturali Acta XXIX - XXX 1966 - 67 - vol. XVI - Fasc. I
- ABBOTT, P.L. (2009): Natural Disasters. 8th ed. McGraw Hill Publisher, New York: 541
- BELLONI, L.G. & STEFANI, R.F. (1992): Natural and induced seismicity at the Vajont slide. In: Semenza, E., Melidoro, G. (Eds.), Proc. Meeting 1963 Vaiont Landslide, Ferrara 1986. Univ. of Ferrara, Ferrara: 115- 132
- BORGATTI, L. & SOLDATI, M. (eds.): Geomorphology and slope instability in the Dolomites (Northern Italy): from glacial to recent geomorphological evidence and engineering geological applications. Field trip Guide book P22, 32nd International Geological Congress, Florence August 20-28, 2004: 53
- HYNDMAN, D. &; HYNDMAN, D. (2010): Natural Hazards and Disasters. 3th ed. Brooks/Cole Publisher, Belmont: 571
- KILBURN, R.J.C. & PETLEY, D.N. (2003): Forecasting giant, catastrophic slope collapse: lessons from Vajont, Northern Italy. Geomorphology 54: 21-32
- MÜLLER, L. (1964): The Rock Slide in the Vaiont Valley. Felsmechanik und Ingenieurgeologie – Rock Mechanics and Engineering Geology Vol. 2(3/4): 10-16
- ROSSI, D. & SEMENZA, E. (1965): Carte geologiche del versante settentrionale del M. Toc e zone limitrofe, prima e dopo il fenomeno di scivolamento del 9 ottobre 1963, Scala 1:5000. Istituto di Geologia dell´Universitá di Ferrara.
- SEMENZA E. (2001): La Storia del Vaiont – raccontata dal geologo che ha scoperto la frana. K-flash edizioni, Ferrara: 279
- SUPERCHI, L.; FLORIS, M.; GHIROTTI, M.; GENEVOIS, R.; JABOYEDOFF, M. & STEAD, D. (2010): Technical Note: Implementation of a geodatabase of published and unpublished data on the catastrophic Vaiont landslide. Nat. Hazards Earth Syst. Sci., 10: 865-873
- Kinematics and Discontinuous Deformation Analysis of Landslide Movement, -
(Rio de Janeiro, Nov. 10-14th, 1997) di Nicholas Sitar (Department of
Civil and Environmental Engineering - University of California,
Berkeley, USA) e Mary M. MacLaughlin (Department of Geological
Engineering, Montana Tech, Butte, Montana, USA).
- PRELIMINARY PAPER #50 - THE VAJONT DAM OVERFLOW: A CASE STUDY OF EXTRA-COMMUNITY RESPONSES IN MASSIVE DISASTERS, - E. L. Quarantelli, 1978, University of Delaware - Disaster Research Center.
- Landslides and Environmental Change - Christopher Kilburn, 27/03/2001.
- The 1963 Vaiont Landslide - Rinaldo Genevois, and Monica Ghirotti Giornale di Geologia Applicata 1 (2005)
- The Vaiont Slide, a geotechnical analysis based on new geologic observations of the failure surface - A. J. Hendron Jr., F. D. Patton - Tecnical report GL-85-5 - Department of army, US Army Corps of Engineers (1985)
Da "quasi" diretto interessato alla vicenda, sfiorato per poco, grazie per il ricordo.
RispondiEliminaSono andato per ben 18 anni in Cadore, conosco alla perfezione quella diga, da bambino mi immaginavo quella tremenda scena che emergeva dai racconti degli anziani della valle, Riuscì a solo qualche anno fa ad andare fisicamente a vedere la diga da vicino. impressionante. Anche oggi tutte le volte che mi reco in Cadore mi fermo sulla strada a guardare quell' immenso monolito di calcestruzzo che rimarrà lì in eterno come monito all' avarizia umana
RispondiEliminaIo all'epoca ero un ragazzino, ma mia mamma che raccontava, sgomenta, del disastro me la ricordo bene.
RispondiEliminaMio zio lavorava alla SADE, e mi ha confermato quello che dici:
"ma d'altronde c'era la nazionalizzazione dell'Energia elettrica, insomma l'invaso doveva passare all'ENEL (allo Stato) e doveva essere venduto collaudato e funzionante per non vanificare le spese dell'opera"
Visto che scippi i documenti di www.vajont.info (grazie), almeno potresti *degnarti* di segnalarlo ....
RispondiEliminaChe ne dici??
Magari *anche solo* questa pagina ....
EliminaTiziano ma che palloso e ripetitivo che sei......... Hai scritto le stesse cose su FB, e siccome non ho voglia di perdere tempo, ti copio e incolla la stessa risposta che ti ho dato la:
EliminaEgr. Sig. Dal Farra, non capisco i Suoi commenti così violenti paranoici ed offensivi, dato l'argomento. Il motivo per cui non ho citato il "suo" sito è semplicemente perchè non parla solo del Vajont ed è in polemica con varie persone anche istituzionali (e di longarone) e quindi non mi sembra inerente allo spirito del mio Post nel Blog (e visto quello che scrive mi sembra che è stata una saggia decisione). Ciò nonostante, non mi sono scaricato e non ho rimesso su un'altro sito i "file" che Lei ha messo a disposizione sul Suo sito e mi accusa di aver "fregato", ma sono linkati direttamente al Suo sito, così chi è interessato alla fonte può tranquillamente arrivare alle Sue pagine (come d'altronde ho fatto io). Cordiali Saluti
Massimo Della Schiava
Quando avevo diciassette anni, provai un desiderio, sorto da non so che, di insistere con i miei perché cambiassimo meta delle vacanze estive. All'epoca non avevo la patente e quindi dovevo per forza di cose usufruire di un passaggio in automobile. Anziché guidare verso il mare, andammo a Longarone perché io volevo a tutti i costi vedere la diga del Vajont. Poi visitai il cimitero, ma quello che più mi colpì fu la diga. Fu come andare a guardare un po' da vicino un mostro sacro, una specie di sfinge, altissima, possente, maestosa.
RispondiEliminaQuando mi fu chiesto perché avessi voluto andare proprio lì e perché, tornata a casa, avessi comprato il monologo di Paolini sul Vajont, risposi soltanto che "la diga mi aveva chiamata" per raccontarmi quella storia.
Il Vajont mi aveva considerata degna di accogliere nel mio cuore questa tragedia, come di altre cose delle quali, d'altra parte, mi hanno considerata degna le montagne...
Francesca.
Francesca, lo spirito è proprio quello
EliminaMassimo
Sono capitato in questo blog per puro caso, seguendo le puttanate scritte da alcuni e linkate da altri sul terremoto dell'Emilia. Trovandolo interessante ci ho navigato un po' dentro, peraltro conoscendo già mentecatti come i Marcianò, Chiesa, Mazzucco, Simoncini, Duesberg, etc, etc. E so che purtroppo c'è gente che ci va dietro, con conseguenze più o meno nefaste, soprattutto se si parla di medicina (non ho finito l'università, ma ero iscritto a Fisioterapia, e qualche conoscenza medica mi è rimasta).
RispondiEliminaPoi leggo Vajont...e sulle prime mi dico "ma come, sti imbecilli vedono complotti anche qua?" collegando solo successivamente il suo interesse alla sua professione di geologo.
Posso dire che a me, che allora non ero neanche prossimo a venire al mondo, o meglio a noi che abitiamo in zona (io a 20 km da Longarone) questa storia ovviamente ce la fanno diventare nostra fin dalle elementari, e poi successivamente ho letto quanto più possibile in materia per interesse personale, compreso ovviamente il libro di Marco Paolini e Gabriele Vacis, trascrizione e ampliamento del monologo dello spettacolo e che consiglio vivamente, come opera puramente divulgativa, a tutti quanti fossero interessati all'argomento, perchè riassume bene, pur romanzandola un po', la vicenda.
Ho una domanda per lei. A suo parere la geologia dell'epoca poteva avere certezze su cosa stava accadendo? Perchè mi sembra di aver capito che non tutti i geologi (altra cosa che non ho capito: la differenza tra geotecnici e geofisici) fossero d'accordo sull'incombenza del pericolo di frana.
Chiedo ciò perchè di tutto quanto mi è sempre rimasto - diciamo - un tarlo forse insignificante ma a cui in anni di letture e riflessioni non ho trovato niente che mi faccia cambiare idea. Perchè rimango convinto che se non fossero morti anzitempo i due ideatori (parlo di Giorgio Dal Piaz e Carlo Semenza), quei due avrebbero avuto il carisma, la capacità e lo spessore politico per fermarsi o quantomeno limitare i danni quando fosse stato evidente che il problema era enorme.
P.S: il numero delle vittime, stando a quello che ci hanno insegnato alle elementari, dovrebbe essere 2018 (non ho una fonte però se non le mie maestre di allora).
1910 è il numero dei morti della tragedia.
EliminaLegionauro.